Storia
Un luogo sacro dalla storia (quasi) millenaria
BREVI CENNI STORICI
LA PRIMA CHIESA ED IL MESSAGGIO
La prima chiesetta, voluta dal conte Ruggero d'Altavilla che andava a combattere i saraceni in Sicilia, è stata costruita come voto a Santa Maria delle Grazie.
In quel periodo, infatti, il conte Ruggero si volse alla conquista delle principali città della Sicilia dando manforte al fratello, il duca Roberto "il Guiscardo".
Era il 13 di Aprile dell'anno 1071.




La chiesetta voluta dal conte Ruggero, fu donata dallo stesso a Basilio Scamardi, abate del monastero dei basiliani, sempre nel territorio dell’attuale Comune di Torre di Ruggiero, perché i monaci pregassero per lui.
Il 17 aprile del 1677, due ragazze torresi, Isabella Cristello e Antonina De Luca, di ritorno nel paese dalla chiesetta delle Grazie, si fecero messaggere del desiderio della Vergine Santissima, apparsa ad Isabella, di «voler essere riverita in quel luogo da molti popoli vicini e lontani». Il messaggio, accolto dapprima con diffidenza dal clero e dai fedeli di Torre, si divulgò misteriosamente nei paesi vicini, cosi riferisce lo storico padre Giovanni Fiore da Cropani: «Come se stata fosse universalmente aspirazione del cielo, vi comparvero processionalmente molti popoli; onde, allargandosene per tutto la fama, si videro ambedue le Calabrie in quella chiesa. E la Vergine Santissima restituì la vista ai cechi, raddrizzò storpi… ».


Nel 1783, quando il terremoto sconvolse l'intera Calabria, non risparmiò il piccolo Tempio delle Grazie. Il 5 febbraio di quell'anno si riportano gravi danni nel paese di Torre e, forse, la chiesetta andò completamente distrutta.
Ma i fedeli, come prima del terremoto, convenivano puntualmente nella domenica in Albis intorno a quei ruderi, ammantati di roveti e fasciati di mistico silenzio. Non più la tradizionale festa con lo sfarzo di luci, di pifferi, di mortaretti e con la trionfale processione della Madonna.
L'immagine, sepolta sotto le macerie, era un semplice ricordo nella memoria dei più anziani. Le nuove leve, affiancate ai veterani, erano attratte ora da una potenza misteriosa: grazie e favori celesti si ottenevano in quel luogo benedetto e ognuno accorreva ad attingere, a ringraziare, a pregare.
PRIMO SOGNO DI LUNA PASCALE
Nel 1857, una donna torrese di nome Luna Pascale, detta "Cozzibundi", sognò la Vergine Santissima che, seduta su di un trono splendido, circonfusa da una splendida luce e tra vaghe nuvolette, la invitava con dolcezza a recarsi dall'arciprete del tempo, don Marcello Galati, per interessarlo alla ricostruzione della chiesa delle Grazie.
Commossa ed estasiata dal sogno, Luna l'indomani corre dall'arciprete a raccontare l'accaduto. Egli l'ascolta ma non prende seriamente in considerazione le sue parole, soprattutto perché né il clero, né i devoti disponevano delle somme ingenti necessarie alla ricostruzione del tempio.
LA FONTANA
Nella primavera dell'anno 1858, un nuovo richiamo scuote l'opinione pubblica. Nel pomeriggio del sabato in Albis, 10 aprile, un contadino di Torre, Francesco Arone detto "Maccaferro", mentre lavora intorno ai ruderi della chiesetta, ha un'ispirazione: «Qui, un tempo, scorreva la fontana della Madonna!». Rimuove la terra con la zappa. Uno zampillo d’acqua pullula spontaneo ai suoi piedi e riempie di stupore il fortunato contadino. I suoi occhi piangono e fissano la polla gorgogliante, come dinanzi al luccicar di un mucchio di gemme. La fresca onda lo invita a dissetarsi. È in ginocchio, il cuore riboccante di gioia e le labbra mormoranti: «Madonna mia, Madonna mia!». Si rialza rinvigorito e — fatto strano! — non avverte più alcun dolore alle ginocchia, da anni tormentati da reumatismi. Di corsa giunge a casa, racconta quanto gli è accaduto ai familiari, agli amici; tutto il paesino è in fermento. Ognuno vuole rendersi conto, scende ai piedi dei ruderi e l'acqua conferma sensibilmente la veridicità del racconto di Francesco Arone. L’indomani, domenica in Albis, il raduno dei fedeli è più numeroso degli anni precedenti e per giorni e giorni si rinnovano le folle accorrenti alla fontana della Madonna.

L’opinione pubblica è elettrizzata. L'arciprete Galati non pone più indugi. La lunga esperienza pastorale - 86 anni di età e 60 di sacerdozio - gli fa comprendere che gli eventi di quei giorni sono la trama di un mirabile libro che gli uomini scrivono, ma che Dio suggerisce e ispira.
Convoca quindi il suo clero. (In quell'anno i sacerdoti della chiesa di Torre erano otto, oltre all’arciprete).
Arciprete e sacerdoti stendono una relazione particolareggiata degli avvenimenti e la rimettono al vescovo di Squillace, monsignor fra Concezio Pasquini. Il desiderio della Madre di Dio trova piena rispondenza in tutti: autorità e fedeli. Uno “scampolo” di terra calabra diventa così centro di mirabile irradiazione mariana.
SECONDO SOGNO DI LUNA PASCALE E DELLA DEVOTA SERRESE
In quella stessa notte (10-11 aprile 1858), tra il sabato e la domenica in Albis, Luna Pascale sogna nuovamente la Vergine Santissima col Bambino che, ancora una volta, le chiede la ricostruzione della chiesa delle Grazie.
Quando Luna arriva alla casa dell'arciprete, vi trova una donna a lei sconosciuta, proveniente da Serra, che sostiene di aver sognato anch'ella la Madonna delle Grazie.
Don Marcello Galati sente i racconti delle due donne, concordi nell'essere messaggere del desiderio della Vergine di vedere riedificata l'antica chiesetta.


LA NUOVA CHIESA E LA NUOVA STATUA
I lavori hanno inizio con un ritmo febbrile, tanto che l’8 settembre del 1858 il giudice di Chiaravalle, Giuseppe Santucci, pone l’ultima tegola sul tetto dell’attuale santuario, come si legge in una relazione fatta dal medesimo all’Intendente di Catanzaro. In essa si precisa pure che, in soli quattro mesi, i fedeli hanno costruito la nuova chiesa e contribuito con offerte assommanti a 1300 ducati, mentre la manodopera fu quasi totalmente gratuita.
La chiesa riedificata richiedeva ora la sacra immagine della Vergine, che il popolo torrese chiese in dono direttamente a Sua Maestà il re Ferdinando II di Borbone delle Due Sicilie.
Infatti, Ferdinando II, fatto consapevole dell’ispirazione del popolo, accoglie la richiesta e nell’ordinario Consiglio di Stato del 25 aprile 1859 dichiarava «incaricarsi personalmente dell’acquisto della nuova statua».
Il 22 maggio dello stesso anno il re Ferdinando passava a miglior vita, lasciando il regno al figlio Francesco II, che provvide a sollecitare i lavori di costruzione della statua.
Ma il nuovo re ebbe subito a che fare con altri gravi problemi, come la dissoluzione del suo regno per mano dei piemontesi.
Il 17 marzo 1861 veniva proclamato il Regno d'Italia ed infatti, come improprio dono del re piemontese Vittorio Emanuele II, il 30 giugno 1861 arriverà a Torre la statua della Madonna, nella casa che Ella aveva scelto come luogo dove spandere i segni della sua divina misericordia.
LA "PICCOLA LOURDES DELLA CALABRIA"
Una coincidenza storica va posta nel dovuto risalto. L'11 febbraio 1858, a Lourdes, nei Pirenei francesi, la santa Madre di Dio appare nella grotta di Massabielle a Bernardetta Soubìrous.
Anche lì un messaggio, anche lì una polla d’acqua rigeneratrice e salutifera, anche lì folle peregrinanti in cerca di grazie, di guarigione, di fede.
Torre ha saputo dilatare il suo messaggio in campo diocesano, regionale e nel suo piccolo anche in campo mondiale con migliaia di emigrati nel mondo. Una medesima mano intesse vicende prodigiose ed effonde tesori di celesti favori, nell’uno e nell'altro santuario.
Possiamo concludere affermando che Torre può essere considerata la piccola Lourdes della Calabria.